A seguito della recente acquisizione da parte di Google di Doubleclick, la piu' importante societa' a livello mondiale che fornisce a editori e agenzie la piattaforma software che serve la pubblicita' su Internet, si e' innescato un dibattito importante sul valore e soprattutto sul pericolo dei cookie in termini di violazione della privacy dei consumatori online.
Ma cosa sono i cookie? I cookie (biscottini), inventati da Lou Montulli di Netscape sono quei file che servono a tracciare il comportamento dei consumatori quando navigano in rete.
I siti web li utilizzano per immagazzinare alcune informazioni nel computer degli utenti. I cookie sono inviati dal sito web e memorizzati sul computer. Sono quindi re-inviati al sito web al momento delle visite successive. Citando Wikipedia, più in dettaglio, i diversi utilizzi dei cookie sono ad esempio per riempire il carrello della spesa virtuale in siti commerciali (i cookie ci permettono di mettere o togliere gli articoli dal carrello in qualsiasi momento). Per permettere ad un utente l'ingresso ovvero il login in un sito web. Per personalizzare una pagina web sulla base delle preferenze dell'utente (per esempio il motore di ricerca Google permette all'utente di decidere quanti risultati della ricerca voglia visualizzare per pagina). Per la gestione di un sito: i cookie servono a chi si occupa dell'aggiornamento di un sito per capire in che modo avviene la visita degli utenti, quale percorso compiono all'interno del sito. Se il percorso porta a dei vicoli ciechi il gestore se ne può accorgere e migliorare la navigazione del sito. Le ultime versioni dei vari browser in commercio permettono all'utente di decidere quando accettare cookies, anche se il fatto di non accettarli non permette l'utilizzo di alcuni siti.
I cookie sono utilizzati anche dalle aziende e agenzie pubblicitarie per tracciare i percorsi dell'utente e per ottenere informazioni sui suoi gusti e le sue preferenze in modo da ricavarne un profilo che consente di esporre solo i banners pubblicitari che gli potrebbero interessare.
Fatta questa doverosa spiegazione vorrei entrare nel merito della questione.
Come sempre, in particolare nel nostro Paese, siamo di fronte all'ennesima demonizzazzione di un problema che, cosi' come gestito dai media ed anche da alcuni operatori parzialmente o del tutto contrari al loro utilizzo, personalmente trovo non giovi a nessuno, consumatori in primis. Purtroppo, spesso anziche' affrontare in profondita' un argomento, si tende a fare spesso "di tutt'un'erba un fascio" lanciando anatemi inutili ed anche dannosi.
Credo sia invece molto piu' utile cercare di fornire ai cittadini-consumatori online una corretta, chiara e dettagliata informazione sulle implicazioni, nella fattispecie, dei cookie e di altre tecnologie che nascono per analizzare e migliorare le conoscenze sui consumatori e conseguentemente per fornire loro servizi ed informazioni personalizzati, anche di carattere promozionale ovvero pubblicitario, nel pieno rispetto delle regole e delle leggi internazionali sulla tutela dei dati personali.
Ora, ripeto, fatta salva la sacrosanta tutela della privacy e del relativo trattamento dei dati personali, il dibattito a mio avviso dovrebbe essere orientato a capire a quanto effettivamente siano importanti i cookie nella navigazione online, siano essi i cosiddetti "first party", ovvero i codici che tipicamente editori ed aziende direttamente assegnano alle macchine (computer) per tracciare un profilo comportamentale e per indirizzare meglio i contenuti tenendo conto delle loro preferenze, siano essi "third party" ovvero i codici che vengono assegnati da societa' terze, che quindi non sono direttamente gli editori, ad esempio le agenzie di pubblicita', spesso partner degli editori stessi in quanto si occupano ad esempio, come dicevo poc'anzi di erogare o servire i banner.
A questo proposito vorrei citare "Fluidlives", una ricerca condotta da Isobar in collaborazione con Yahoo! a livello mondiale attraverso un campione rappresentativo di famiglie, tesa a comprendere come le tecnologie senza cavo, computer portatili con connessione wi-fi e devices mobili, ad esempio i telefoni cellulari, possano cambiare in meglio le abitudini di consumo in casa, e che ha evidenziato come il consumatore evoluto-internet user, apprezzi la pubblicita' profilata secondo i suoi interessi e possibilmente contestuale rispetto ai contenuti da esso fruiti. Tutto cio' puo' avvenire grazie all'utilizzo dei cookie. Questo a mio avviso e' un indicatore importante e che dovrebbe fare riflettere tutti noi sul fatto che, partendo dal presupposto che la pubblicita' e' uno dei motori dell'economia mondiale, il ruolo della stessa, se "ben fatta e indirizzata", proprio grazie alla possibilita' di tracciare le abitudini di consumo mediale, potrebbe anche essere quello di migliorare le aspettative dei consumatori e le perfomance commerciali delle aziende. Il problema e' semmai da ricondursi all'"overload" di messaggi promozionali a cui e' quotidianamente esposto il cittadino-consumatore, che per questo motivo sta innalzando sempre piu' le sue barriere psicologiche rispetto a questa sovrabbondanza di "stimoli" all'acquisto di prodotti e servizi.
Si stima che ogni giorno un individuo possa essere potenzialmente esposto ad oltre 4.000 messaggi pubblicitari.
Internet, a mio avviso, e' un media rivoluzionario in questo senso, perche' offre sempre la possibilita' di scelta e di controllo dell'informazione, sia in modalita' "push" (proposta) che "pull" (richiesta) mettendo tutti gli attori, aziende e consumatori, nelle condizioni di stringere un patto trasparente e alla pari. Oggi, grazie all'evoluzione tecnologica di Internet che offre ai consumatori numerosi strumenti che lo mettono al centro dei processi di comunicazione e di infomazione, leggi Web 2.0, il consumatore se vuole puo' diventare protagonista e produttore di campagne pubblicitarie, in quanto, creativo, regista e anche testimonial della marca.
La condizione di base, essenziale per il sodalizio e' che ci sia consapevolezza, responsabilita' sociale e reale possibilita' di decidere cosa ricevere, dare e a che condizione.
Questo e' il nuovo modello di marketing e advertising al quale io, cosi' come molti altri professionisti, stiamo lavorando.
Questo nuovo modello a cui si sta tendendo, finalmente produrra' valore aggiunto da entrambe le parti, domanda e offerta. Non e' utopia.
E' un nuovo modo di pensare la relazione tra azienda e consumatore, tesa al coinvolgimento più' che al convincimento.
E non si tratta di essere buoni o cattivi. Non esistono cookie buoni o cookie cattivi.
Dipende solo, come sempre, dall'utilizzo che l'uomo decide di fare delle nuove tecnologie. Esistono come sempre, in tutti gli ambiti, operatori seri e responsabili e quelli che, mio nonno definiva, "filibustieri". Per controllare e perseguire il comportamento fraudolento di aziende e individui esiste peraltro il codice civile e penale che va rispettato e applicato.
Semmai, cio' che piu' conta, soprattutto in queste fasi di grande cambiamento, e' condividivere l'esperienza, fare cultura e aprire un dibattito in termini di codici di autoregolamentazione laddove la legislazione non riesca ancora a colmare il "gap".
Credo che, in definitiva, sia per tutti una questione di intelligenza commerciale e di capacita' di comprendere che, a medio lungo termine, paghi la professionalita' e la serieta', perche' i consumatori non sono affatto stupidi e sanno premiare le aziende che cercano di capirli, rispettarli e soddisfare le loro necessita' ma anche i loro sogni.
Pubblicato su Nova -Il Sole 24 Ore- il 3 maggio 2007
Ma cosa sono i cookie? I cookie (biscottini), inventati da Lou Montulli di Netscape sono quei file che servono a tracciare il comportamento dei consumatori quando navigano in rete.
I siti web li utilizzano per immagazzinare alcune informazioni nel computer degli utenti. I cookie sono inviati dal sito web e memorizzati sul computer. Sono quindi re-inviati al sito web al momento delle visite successive. Citando Wikipedia, più in dettaglio, i diversi utilizzi dei cookie sono ad esempio per riempire il carrello della spesa virtuale in siti commerciali (i cookie ci permettono di mettere o togliere gli articoli dal carrello in qualsiasi momento). Per permettere ad un utente l'ingresso ovvero il login in un sito web. Per personalizzare una pagina web sulla base delle preferenze dell'utente (per esempio il motore di ricerca Google permette all'utente di decidere quanti risultati della ricerca voglia visualizzare per pagina). Per la gestione di un sito: i cookie servono a chi si occupa dell'aggiornamento di un sito per capire in che modo avviene la visita degli utenti, quale percorso compiono all'interno del sito. Se il percorso porta a dei vicoli ciechi il gestore se ne può accorgere e migliorare la navigazione del sito. Le ultime versioni dei vari browser in commercio permettono all'utente di decidere quando accettare cookies, anche se il fatto di non accettarli non permette l'utilizzo di alcuni siti.
I cookie sono utilizzati anche dalle aziende e agenzie pubblicitarie per tracciare i percorsi dell'utente e per ottenere informazioni sui suoi gusti e le sue preferenze in modo da ricavarne un profilo che consente di esporre solo i banners pubblicitari che gli potrebbero interessare.
Fatta questa doverosa spiegazione vorrei entrare nel merito della questione.
Come sempre, in particolare nel nostro Paese, siamo di fronte all'ennesima demonizzazzione di un problema che, cosi' come gestito dai media ed anche da alcuni operatori parzialmente o del tutto contrari al loro utilizzo, personalmente trovo non giovi a nessuno, consumatori in primis. Purtroppo, spesso anziche' affrontare in profondita' un argomento, si tende a fare spesso "di tutt'un'erba un fascio" lanciando anatemi inutili ed anche dannosi.
Credo sia invece molto piu' utile cercare di fornire ai cittadini-consumatori online una corretta, chiara e dettagliata informazione sulle implicazioni, nella fattispecie, dei cookie e di altre tecnologie che nascono per analizzare e migliorare le conoscenze sui consumatori e conseguentemente per fornire loro servizi ed informazioni personalizzati, anche di carattere promozionale ovvero pubblicitario, nel pieno rispetto delle regole e delle leggi internazionali sulla tutela dei dati personali.
Ora, ripeto, fatta salva la sacrosanta tutela della privacy e del relativo trattamento dei dati personali, il dibattito a mio avviso dovrebbe essere orientato a capire a quanto effettivamente siano importanti i cookie nella navigazione online, siano essi i cosiddetti "first party", ovvero i codici che tipicamente editori ed aziende direttamente assegnano alle macchine (computer) per tracciare un profilo comportamentale e per indirizzare meglio i contenuti tenendo conto delle loro preferenze, siano essi "third party" ovvero i codici che vengono assegnati da societa' terze, che quindi non sono direttamente gli editori, ad esempio le agenzie di pubblicita', spesso partner degli editori stessi in quanto si occupano ad esempio, come dicevo poc'anzi di erogare o servire i banner.
A questo proposito vorrei citare "Fluidlives", una ricerca condotta da Isobar in collaborazione con Yahoo! a livello mondiale attraverso un campione rappresentativo di famiglie, tesa a comprendere come le tecnologie senza cavo, computer portatili con connessione wi-fi e devices mobili, ad esempio i telefoni cellulari, possano cambiare in meglio le abitudini di consumo in casa, e che ha evidenziato come il consumatore evoluto-internet user, apprezzi la pubblicita' profilata secondo i suoi interessi e possibilmente contestuale rispetto ai contenuti da esso fruiti. Tutto cio' puo' avvenire grazie all'utilizzo dei cookie. Questo a mio avviso e' un indicatore importante e che dovrebbe fare riflettere tutti noi sul fatto che, partendo dal presupposto che la pubblicita' e' uno dei motori dell'economia mondiale, il ruolo della stessa, se "ben fatta e indirizzata", proprio grazie alla possibilita' di tracciare le abitudini di consumo mediale, potrebbe anche essere quello di migliorare le aspettative dei consumatori e le perfomance commerciali delle aziende. Il problema e' semmai da ricondursi all'"overload" di messaggi promozionali a cui e' quotidianamente esposto il cittadino-consumatore, che per questo motivo sta innalzando sempre piu' le sue barriere psicologiche rispetto a questa sovrabbondanza di "stimoli" all'acquisto di prodotti e servizi.
Si stima che ogni giorno un individuo possa essere potenzialmente esposto ad oltre 4.000 messaggi pubblicitari.
Internet, a mio avviso, e' un media rivoluzionario in questo senso, perche' offre sempre la possibilita' di scelta e di controllo dell'informazione, sia in modalita' "push" (proposta) che "pull" (richiesta) mettendo tutti gli attori, aziende e consumatori, nelle condizioni di stringere un patto trasparente e alla pari. Oggi, grazie all'evoluzione tecnologica di Internet che offre ai consumatori numerosi strumenti che lo mettono al centro dei processi di comunicazione e di infomazione, leggi Web 2.0, il consumatore se vuole puo' diventare protagonista e produttore di campagne pubblicitarie, in quanto, creativo, regista e anche testimonial della marca.
La condizione di base, essenziale per il sodalizio e' che ci sia consapevolezza, responsabilita' sociale e reale possibilita' di decidere cosa ricevere, dare e a che condizione.
Questo e' il nuovo modello di marketing e advertising al quale io, cosi' come molti altri professionisti, stiamo lavorando.
Questo nuovo modello a cui si sta tendendo, finalmente produrra' valore aggiunto da entrambe le parti, domanda e offerta. Non e' utopia.
E' un nuovo modo di pensare la relazione tra azienda e consumatore, tesa al coinvolgimento più' che al convincimento.
E non si tratta di essere buoni o cattivi. Non esistono cookie buoni o cookie cattivi.
Dipende solo, come sempre, dall'utilizzo che l'uomo decide di fare delle nuove tecnologie. Esistono come sempre, in tutti gli ambiti, operatori seri e responsabili e quelli che, mio nonno definiva, "filibustieri". Per controllare e perseguire il comportamento fraudolento di aziende e individui esiste peraltro il codice civile e penale che va rispettato e applicato.
Semmai, cio' che piu' conta, soprattutto in queste fasi di grande cambiamento, e' condividivere l'esperienza, fare cultura e aprire un dibattito in termini di codici di autoregolamentazione laddove la legislazione non riesca ancora a colmare il "gap".
Credo che, in definitiva, sia per tutti una questione di intelligenza commerciale e di capacita' di comprendere che, a medio lungo termine, paghi la professionalita' e la serieta', perche' i consumatori non sono affatto stupidi e sanno premiare le aziende che cercano di capirli, rispettarli e soddisfare le loro necessita' ma anche i loro sogni.
Pubblicato su Nova -Il Sole 24 Ore- il 3 maggio 2007