bling bling blog

Bling Bling Blog

venerdì, maggio 27, 2011

Blog & Brand alla scoperta del dialogo

Intervista a 360 con Viviana Musumeci

Parlare di branding attraverso
i blog delle aziende
suona ancora strano
a molti manager della
comunicazione del nostro Paese.
Mentre negli States, che sono pur
sempre all’avanguardia quando
si parla di media e marketing,
è quasi una commodity a cui gli
utenti, ormai, rinunciano difficilmente.
Marchi come Nike e adidas
sono arrivati, come al solito,
tra i primi a contattare le proprie
community, da noi non sono ancora
moltissime le aziende che si
affidano alle parole scritte online.
Sono parecchie le imprese che rimangono
in stallo, alla ricerca del
partner “perfetto”, dell’agenzia
capace di fornire il servizio giusto
“chiavi in mano”, a cui affidare
la gestione dell’intero pacchetto
“blog/social media”. Altre
aziende, invece, non trovano al
loro interno risorse adeguate, dotate
degli skill corretti per poter
gestire questo flusso comunicativo.
Spesso servono professionisti
che non si recuperano facilmente
nelle aule universitarie o dalle
file dei master, ma piuttosto si
trovano investigando tra quelle
figure ibride - giornalisti, autori,
scrittori - che sulla rete “smanettano”
da soli e da tempo. Ma
quelle elencate sono solo alcune
delle difficoltà che limitano i blog
aziendali in Italia nella loro funzione
di veicoli di comunicazione,
anche se, come sostiene Layla Pavone,
general manager della centrale
Isobar e presidente d’onore
di Iab Italia, non si può pensare
di andare in una direzione diversa
da questa. «Io, innanzitutto, mi
porrei la domanda se ciò di cui
stiamo parlando siano veramente
blog oppure siti 2.0 aperti dalle
aziende per coinvolgere le community
nella partecipazione a un
grande dialogo. Per me, ad esempio,
quello di adidas non è un blog
- spiega la manager -, ma un sito
vero e proprio, ovvero un luogo
di aggregazione che fa da raccordo
tra brand ed estimatori. Considerando
il tasso di crescita di internet
- continua Pavone - non
è possibile pensare che questo
tipo di strumenti o simili modalità
di comunicazione non prendano
piede anche in Italia. Certo,
le aziende devono ripensare
alle professionalità, sia all’interno
sia verso l’esterno, per evitare
di faticare a rispondere alla fatidica
domanda che sorge in questi
casi, ovvero “Chi si occupa di tutto
ciò? La divisione marketing? La
comunicazione? Le pr?”. In realtà
- conclude Layla Pavone -, le carte
si sono mescolate e le aziende
devono imparare a gestire tutto.
Poi, va da sè che le imprese italiane,
al contrario dei consumatori
che, invece, vanno di pari passo
con quelli degli altri Paesi avanzati,
sono sempre un po’ lente nel
recepire gli input. Il tempo, dunque,
è più limitante per le aziende,
non tanto per i consumatori».
Il problema dell’Italia, quindi, indietro
di un paio d’anni sul fronte
europeo rispetto a questo tipo
di innovazione, andrebbe attribuito
probabilmente anche a un
certo tipo di cultura, diverso da
quello dominante in altri Paesi, e
rappresentato più che altro dalla
reticenza nell’accettare una nuova
abitudine: le aziende che comunicano
con i blog o, in termini
più ampi, con i social media devono
porsi allo stesso livello del
consumatore. In altre parole, devono mettersi in gioco: non solo
sapendo accettare le critiche -
elemento escluso a propri dalla
tradizionale comunicazione one
way -, ma riuscendo a comunicare
con lo stesso linguaggio, la
stessa grammatica e il giusto savoir
faire delle community. Senza
fare questo si rischia di incorrere
in quei casi che fanno poi letteratura,
ovvero “come non ci si dovrebbe
comportare”. Jarvis Macchi,
direttore di Thinklux e autore
del volume “Lusso 2.0”, edito da
Lupetti, spiega a tale proposito:
«L’efficacia del blog è la possibilità
di trasferire l’appeal ai propri
utenti senza intermediazione.
Le marche sono considerate
dei fornitori di servizi e prodotti
autorevoli. Bisogna parlare lo
stesso linguaggio della rete, passare
a una conversazione bilaterale
e saper rispondere nei modi
più appropriati». A proposito
dei casi che hanno fatto
scuola in termini negativi
nell’uso di social media
e blog, Macchi ricorda
i casi Sylvian
Heach e Patrizia
Pepe. «I moderatori
hanno sbagliato.
Intanto,
perché hanno
cancellato
i commenti
e i blogger
li hanno ripubblicati,
recando un
danno all’immagine
del brand.
E poi, sull’altro versante, hanno risposto male, dimostrando
di non essere in grado
di accettare critiche e commenti
negativi. Insomma, molte aziende
hanno capito che devono stare
in rete, ma non sanno ancora
come». Tra i gli esempi positivi citati
da Macchi spiccano Chanel,
Moet&Chandon e Acqua di Parma,
che hanno blog davvero curati
e seguiti, ma anche i social
network possono essere usati
come “magazine”, valutando che
marchi come Burberry, Gucci e
Louis Vuitton già lo fanno. Saper
gestire il feedback, dunque, sembra
essere il mantra che le aziende
dovrebbero ripetersi da quando
si affacciano, in generale, al
2.0. Anche perché, come sottolinea,
concludendo, Layla Pavone,
«Il rapporto tra community
e azienda è come un rapporto
amoroso di convivenza. Va alimentato
con il dialogo
e non bisogna
pensare
che questo lo
si possa fare
utilizzando
“solo” le campagne
tradizionali.

lunedì, maggio 09, 2011

Re-inventing the way brands are built

INTERVISTA RILASCIATA A IRENE GREGUOLI VENINI PER ITALIA OGGI

I social network e il mondo mobile sono le tendenze che i marchi cavalcheranno nel 2011, anche nei settori che finora erano stati «i grandi assenti» nella comunicazione digitale, come il largo consumo, la moda e il lusso, e che oggi invece manifestano maggior fiducia nei nuovi media. La pianificazione online inoltre abbandonerà sempre più la classica segmentazione socio-demografica a favore del behavioural targeting, che consente di fare pubblicità basandosi sui comportamenti dei consumatori sul web.
Così Layla Pavone, managing director di Isobar, agenzia specializzata in pubblicità sui media digitali interattivi del gruppo Aegis Media, delinea lo scenario della comunicazione digitale che, secondo le stime, quest’anno dovrebbe crescere del 15%-18%.
«Il social e il mobile saranno nel 2011 i due fattori chiave di sviluppo. Il social va gestito in una concezione olistica, che significa circondare il target attraverso una comunicazione che abbracci il concetto di socialità. Il digitale ha contribuito a ricondurre la comunicazione a una dimensione di relazione», dice Pavone. «L’utente si aspetta infatti che questo concetto sia translato su qualunque mezzo, il che avviene grazie ai diversi device che dialogano tra loro e che consentono di interagire. Per questo in Isobar abbiamo istituito una business unit dedicata ai social media». A questi temi peraltro Aegis Media ha dedicato la conferenza del gruppo di quest’anno, che si è svolta a Boston, dal titolo «Reinventing the way brands are built», reinventare il modo in cui i marchi si costruiscono.
L’opportunità che offrono i social media, fa notare la managing director di Isobar, è soprattutto quella «di ascoltare quello che i consumatori pensano delle marche. Da lì ci si mette in azione, consapevoli delle esigenze delle persone. Questa tendenza poi farà un ulteriore salto di qualità grazie alla crescente diffusione degli smartphone, che sono già 15 milioni in Italia». L’altro grande fenomeno è, appunto, la mobilità e da questo punto di vista «l’ultima frontiera è la possibilità di georeferenziare la comunicazione».
Anche il modo di pianificare le campagne online però sta cambiando, grazie al behavioural targeting, una tecnica che usa le informazioni raccolte, naturalmente nel rispetto della privacy, dal comportamento dell’utente sul web (pagine visitate, ricerche fatte e così via). La pianificazione avverrà infatti, secondo Pavone, sempre meno in base alla segmentazione socio-demografica e sempre più sulla base dei comportamenti online. «Per quanto ci riguarda, come Gruppo Aegis Media Italia, abbiamo messo a punto un progetto, che consente grazie alla tecnologia e ad accordi con diversi editori online, di raggiungere il pubblico secondo una logica di behavioural targeting, intercettando cioè i comportamenti dei consumatori sul web in tempo reale», spiega. «Ciò consente di comprendere realmente quali sono le esigenze del consumatore in quel momento, rendendo così la pubblicità una utility». Questa modalità di pianificazione sarà allargata poi «a tutti i mezzi che useranno il protocollo di internet, per esempio la tv digitale, come la Apple tv e la Google tv».
D’altro canto i marchi, praticamente in tutti i settori, cominciano a prevedere nei loro piani di comunicazione una parte digitale. «Tutte le categorie oggi sono ben rappresentate a livello di comunicazione digitale. Anche quelli che erano i grandi assenti in quest’ambito, stanno investendo quest’anno: il largo consumo, il lusso, la moda, l’abbigliamento e il retail». Il tutto all’interno di un mondo che sta cambiando radicalmente, visto che «prima la pubblicità lavorava per silos, oggi assume una rilevanza diversa e diventa essa stessa un media e un editore di contenuti, come la marca stessa del resto, grazie alla capacità di trasferire contenuti e servizi ad alto valore aggiunto», conclude la managing director di Isobar.

venerdì, marzo 18, 2011

Bringing people and brands together like never before

Probabilmente sara' un assioma semplificato ma la riflessione che faro' ...btw forse e' anche giusto (e umano)...vorrebbe significare il tentativo di ricercare dei raffronti per poter essere maggiorimente consapevoli del valore che i canali/veicoli di comunicazione, che i luoghi e le persone rappresentano.

Comincio col dire che parlare di Social Media è riduttivo dal mio punto di vista. Gli ambienti Web2.0 sono ormai delle vere e proprie "societa' parallele" dove le persone si incontrano, dialogano, litigano, scherzano, lavorano, amoreggiano, comprano, vendono, insomma vivono, convivono e si concedono.
Si tratta dunque di Social prima ancora che di Media.
I "social sites", forse bisognerebbe definirli cosi'(?), sono delle vere e proprie citta' con tanto di piazze, di indirizzi e di numeri civici e soprattutto di persone in carne e ossa laddove la fisicita' e' data dal potere delle parole e delle immagini anzitutto. Diro' di piu' a coloro i quali potrebbero criticare questa tesi: i social sites hanno contribuito a restituire alle persone l'attitudine a comunicare, a dialogare, a riflettere e confrontarsi apertamente sui temi seri e meno seri della loro vita quotidiana, ad essere centrali rispetto al mondo che li circonda e non piu' attori secondari e sottomessi al gioco della vita la cui partita e' ormai sempre piu' rappresentata, vinta o persa, sui tavoli del potere mediatico dove ormai non esiste piu' mediazione, confronto e compromesso che, nell'accezione pura del termine, dovrebbe portare ad appianare le differenze e dovrebbe essere raggiunto attraverso la mutua rettifica delle reciproche richieste, concedendo un po' a ciascuna delle parti.
Le citta', i paesi e le piazze una volta erano veri e propri luoghi di aggregazione e di socializzazione. Le persone si riunivano intorno a questi luoghi perche' la loro natura sociale li portava alla ricerca del prossimo, alla necessita' di aggregarsi, di stare insieme, di condividere valori, idee e sogni.
Se pensiamo oggi alle citta' ed al ruolo che hanno assunto nell'ordine delle cose della societa' contemporanea, a tutto pensiamo fuorche' a luoghi di vera aggregazione di individui, luoghi del dialogo. Oggi non ci parliamo piu'. Per strada se qualcuno ci ferma e ci rivolge la parola le nostre reazioni sono di sospetto e di paura talvolta. Siamo arrivati all'esasperazione di questo atteggiamento di diffidenza nei confronti del nostro prossimo al punto che non ci fermiamo piu' nemmeno se vediamo qualcuno in difficolta'.
Ora, se ci pensate, invece i "social site" hanno assunto oggi un ruolo terapeutico se non addirittura taumaturgico. Riuniscono e rimettono in contatto le persone, restituiscono la parola a chi l'ha dimenticata, ridanno un cuore ed un'anima anche a chi pensava di averla smarrita per le strade della città. Risvegliano i sensi, rinvigoriscono le emozioni, che sono un aspetto fondamentale della natura umana.
I social site sono luoghi straordinari, ed il fatto che il tempo speso la' sia in continuo aumento deve far riflettere su quanto sia forte la necessita' delle persone di riappropriarsi di quegli spazi dove interagire che la societa' post-moderna paradossalmente ha loro negato.
Anche la pubblicita' segue questi nuovi ritmi che l'umanita' via via, proprio grazie ad Internet e al Web2.0 sta riscoprendo. Insomma la fredda tecnologia ci sta restituendo il piacere del calore umano. La fredda tecnologia sta rimettendo in contatto le persone con le persone, e le aziende sono fatte da persone, e la pubblicita', il marketing, sono fatti da aziende che sono fatte da persone.
Il livello di attenzione e di sensibilita' all'interno dei social site, anche nei confronti della pubblicita' e' superiore rispetto ai canali tradizionali, anche e soprattutto per la capacita' che la tecnologia ci sta offrendo di indirizzare meglio i nostri messaggi quand'anche siano essi di carattere puramente informativo/persuasivo (i.e. la cosiddetta tabellare premium).
Il behavioral targeting o il dynamic targeting sono discipline che sempre piu' aiuteranno a riposizionare nei corretti flussi la relazione tra le aziende, i prodotti i servizi e le persone per i quali sono stati pensati. Per non parlare della capacita' di ascolto reale e non mediato che oggi le aziende possono avere attraverso i "social site" e conseguentemente di dialogo alla pari che porta alla reale creazione di reciproco valore aggiunto.
...to be continued...

venerdì, febbraio 18, 2011

QUOTE ROSA PER RICONOSCERE IL MERITO DELLE DONNE

Molti di voi sapranno che l’iter del disegno di legge sulle quote di genere nei Consigli di amministrazione delle società quotate in borsa viene continuamente minacciato da potenti lobby che intendono impedire che la legge venga approvata.

Il testo, licenziato a larga maggioranza alla Camera grazie ad un accordo trasversale delle donne parlamentari è stato bloccato ora al Senato.

Da qui nasce la mia lettera e quella che molte donne manager in Italia stanno indirizzando al Presidente del Senato e al Presidente della Commissione Finanze stimolata da Marisa Montegiove coordinatrice del Gruppo Donne Manageritalia

-------------------------------------------
Al Presidente del Senato

Al Presidente della Commissione Finanze

Illustrissimi Presidenti,

l'approvazione della legge sulle quote rosa è purtroppo un passo irrinunciabile per riconoscere il valore delle donne che lavorano.

Molte donne come me chiedono che anche il Senato approvi una legge che permetta a tante lavoratrici capaci e qualificate di poter raggiungere quello che noi donne ci guadagnamo ogni giorno sul campo, ma la cultura imperante non ci concede.

Certa che vi farete portatori della nostra sollecitazione, cordiali saluti.

Layla Pavone

martedì, febbraio 15, 2011

Da Sergio B. a Sergio B.

Ciao Sergio,

Sono un amico di Layla Pavone e ho letto sul suo blog che sei il papà del ragazzo aggredito in zona V.le Monza. Ti scrivo perché leggendo la tua lettera sono stato colto da un’ impulso di solidarietà e soprattutto di affetto verso tuo figlio che ha la stessa età del mio, Valerio, che la scorsa settimana il 2 febbraio ha vissuto un’esperienza simile alle tre del pomeriggio vicino alla una fermata della metropolitana Uruguay. Le modalità sono state più o meno le stesse: fermato da tre ragazzi un pò più grandi che volevano soldi e cellulare. Mio figlio ha opposto un pò di resistenza ed è stato scaraventato su una panchina e si è beccato un pugno in faccia. La fortuna in questo caso ha voluto che un ragazzo sopraggiungesse in aiuto di Valerio e che poco dopo la strada si riempisse di gente dopo l’arrivo in stazione di un treno della metropolitana con conseguente fuga dei tre…come definirli??. Valerio sé l’è cavata con un pò di paura, sei ore di pronto soccorso e fortunatamente nulla di rotto.

Devo dire la Polizia mi sembra che stia lavorando molto seriamente e proprio in questo momento mentre ti sto scrivendo Valerio e mia moglie sono in commissariato per un secondo riconoscimento di fotografie segnaletiche. Devo dire che questo mi conforta molto perché almeno ho la sensazione che il problema, non solo di mio figlio ma in generale, venga affrontato con professionalità e con la dovuta attenzione.

Io ho solo una convinzione che spero di non perdere con il tempo, ed è quella di cercare di reagire con la forza delle nostre idee a questo stato di cose senza cadere nella facile retorica del “occhio per occhio”.

Dobbiamo avere la forza di trasmettere ai nostri figli la convinzione che questo mondo se lo vogliamo migliore è solo con la ragione che possiamo farlo e non con violenza.

Lo so, lo immagino che in questo momento questi discorsi ti possano sembrare parole vuote di fronte alla sofferenza di tuo figlio ma dalla tua lettera ho capito che sei uno che non molla e questo mi ha dato il coraggio di dirti queste cose in questo momento.

Niente, che dire Sergio, un abbraccio fortissimo a te alla tua famiglia ma soprattutto un bacio grosso a tuo figlio e speriamo che questa brutta storia, non lasci in lui ulteriori strascichi soprattutto psicologici.

Io e mia moglie e mio figlio siamo qua e siamo a tua disposizione

Contattami per qualsiasi necessità o iniziativa tu volessi intraprendere.



Un abbraccio forte

Sergio Daniela e Valerio



P.S. metto in cc anche mia moglie e Layla che abbraccio

lunedì, febbraio 14, 2011

Domenica 13 febbraio - Diario di Sergio Bonomi

Ricevo e pubblico con affetto questa mail di Sergio rivolta a tutti Voi.

-----------------------------------------------------------------------------------

Sono le 8 del mattino e questa domenica, mia moglie Giulia, dorme, è stanca. Mentre la guardo ripenso a tutto quello che abbiamo trascorso e ancora non riesco a tirare un sospiro di sollievo.

Mi alzo e decido di scrivere questa lettera, perché voglio sottolineare, che questa volta, la nostra “società” ha funzionato: i medici stanno curando egregiamente mio figlio, che ne avrà per un po’; i nostri amici, gli organi di informazione e il popolo della rete hanno dato una risonanza formidabile al mio appello; le istituzioni si sono presentate, le forze dell’ordine, in poco tempo, hanno arrestato i colpevoli e la giustizia farà il suo corso.

Io dico che dovrebbe andare SEMPRE così, e che questa deve diventare la normalità.

Siamo solo all’inizio, ancora una volta ho capito, che dipende sopratutto da noi e dal nostro coraggio, nel non aver paura di denunciare le ingiustizie, nell’essere coerenti e di buon esempio verso il prossimo e i nostri figli. Bisogna avere fiducia in noi stessi e nelle istituzioni; riappropriarci del nostro ruolo nella società in cui viviamo.

Se riusciremo a osservare queste poche regole torneremo ad essere una vera società, e il “branco” non avrà più la possibilità di aggredire nessuno. Se lo farà scoprirà a sue spese cosa significa vedersela con tutti noi.

Grazie ancora per la solidarietà, spero che questo mio piccolo gesto possa aiutarci ad essere migliori tutti.


Sergio Bonomi

P.S. Sono passati i miei figli a darmi un bacio

lunedì, febbraio 07, 2011

L'appello di un amico ma soprattutto di un padre disperato

Ieri notte ho ricevuto questa mail da parte di Sergio Bonomi, un amico, oltre che un editore online, che ci chiede di utilizzare la forza della rete per aiutarlo diffondere il suo appello disperato.
Per chi voglia mettersi direttamente in contatto con lui, per manifestargli la sua solidarieta' questa la mail di Sergio Bonomi: s.bonomi@bibob.com


Sabato 5 febbraio - Diario di un padre

Mi chiamo Sergio, ho un figlio di 17 anni, la mia compagna Giulia, ha due figli, uno di 16 e uno di 25 anni; le vite delle nostre famiglie sono unite da 10 anni e siamo una delle tante famiglie allargate di Milano.

Oggi è sabato, il 5 febbraio. Da un po’ di anni a questa parte, per noi padri di famiglia, non è più “il più bel giorno della settimana” bensì il peggiore. E’ il giorno del terrore, dell’impotenza, dell’attesa.

Il più piccolo dei tre figli, stasera andrà a una festa. Come ormai di prassi, incomincia l’interrogatorio mio e di Giulia: dov’è, chi c’è, come ci vai, a che ora torni, 1000 raccomandazioni etc. … Nell’era di Facebook e della geolocalizzazione sembra roba da guerra fredda, ma chi di noi genitori non vuole sapere qualcosa di più?

E’ mezzanotte e mezza, Giulia dice: “Sentiamo se va tutto bene”. Purtroppo le cose non vanno affatto bene, il più piccolo è incappato in un “branco”, (6 ragazzi e 2 ragazze), tutti più grandi di lui e del suo amico. L’amico riesce a scappare, lui no.

Nemmeno il tempo di una parola, uno del branco, il più grande, lo afferra per un braccio. L’animale sferra un pugno diretto alla faccia, la preda cade a terra, il resto del branco incomincia a picchiarlo a sangue, calci e pugni sul volto. Alla fine gli sfilano 5 euro dalle tasche e se ne vanno.

L’amico assiste, nascosto, alla scena agghiacciante, ammutolito, attonito, impotente.

Il suo amico giace a terra in strada, è una maschera di sangue, non si muove … oddio è morto? Non sa cosa fare, è troppo sconvolto per ragionare freddamente, non chiama l’ambulanza, troppo impaurito dal branco e da quello che ha appena visto per chiamare le forze dell’ordine, corre dagli amici e racconta terrorizzato ciò che ha visto.

Sono le 2 di notte siamo all’ospedale, dopo una TAC scopriamo che ha la mandibola frantumata, una massa non ben definita nel cranio e qualche dente rotto e che bisogna operarlo per rimettergli a posto la testa e la faccia. Né avrà per più di 3 mesi.

Sono sveglio da quasi due giorni, incredulo per ciò che è accaduto, e continuo a sentirmi dire che “è andata bene, poteva andare molto peggio!”. Dovrei sentirmi felice per il fatto che mio figlio non è morto nemmeno questo sabato sera … dovrei essere felice di vedere mio figlio nel letto che piange pensando a ciò che a vissuto e ciò che hanno vissuto tutte le altre vittime di queste aggressioni.

BASTA!!!! Io dico che “poteva andare meglio”, io dico che nessuno di noi dovrebbe rischiare la vita per così poco.

Per quanto tempo dovremo andare avanti ad assistere a questi atti di violenza gratuita e stupida? Quanti padri ancora dovremo vedere piangere i figli morti su un marciapiede massacrati dal “branco” del sabato sera?

Mi rivolgo a lei Sig. Sindaco di Milano, a Lei Sig. Prefetto, a Lei Sig. Ministro dell'Interno, per porgervi una domanda:

Dove siete?
I Vostri figli muoiono per strada;
I Vostri figli non hanno più ideali;
I Vostri figli si sono arresi.