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sabato, ottobre 13, 2007

Web 2.0 si...ma anche back to basics please...

Ieri pomeriggio ho partecipato ad una conferenza organizzata da "The Ruling Company" e dedicata a Web 2.0. Ho ascoltato molti illustri relatori che hanno espresso il loro punto di vista focalizzandosi molto sull'aspetto tecnologico di Web 2.0 e sull'impatto delle aziende di questa new wave che ha riportato felicemente internet alla ribalta delle cronache quotidiane e dell'interesse da parte di molti professionisti e manager da diversi mesi a questa parte.
Chi mi conosce sa quanto io sia fortemente convinta che la Rete e' davvero l'ambiente che finalmente sta cambiando e scardinando le regole del gioco della comunicazione, che per 40 anni hanno governato e ingabbiato la pubblicita' in format statici ed inadeguati rispetto alle esigenze dei consumatori.
Temo pero' che, essendo noi italiani un popolo fortemente sensibile alle mode, ancora una volta stia capitando che ci si focalizzi su un argomento perdendo di vista il contesto generale.
Cerco di spiegarmi, come ho provato a fare ieri alla conferenza: Web 2.0 e' un'affascinante opportunita', "strumento", occasione, sfida, per le aziende ed i consumatori, per provare ad instaurare una relazione "alla pari", senza gerarchie predefinite. La comunicazione fra pari all'interno dei social network e' sicuramente la benzina che alimenta questi ambienti. Le aziende possono ascoltare e dialogare con i cosiddetti clienti, possono acquisirne di nuovi o fidelizzare quelli gia' acquisiti.
Ma c'e' un ma...non possiamo dimenticare, se non vogliamo peccare di presunzione e se vogliamo essere intellettualmente onesti che Web 2.0 e' solo una parte del cosiddetto processo di relationship marketing, per diversi motivi che cerco di riassumere: intanto non possiamo dimenticare che gli utenti internet sono 22 milioni su 58 milioni di italiani e coloro i quali sanno cos'e' Web 2.0 e soprattutto usufruiscono di tutte le sue potenzialita', ad essere generosi, sono molto meno della meta' di 22 milioni. Inoltre per quanto noi "blogger" si sia fortemente orientati ad utilizzare internet e tutte le nuove tecnologie come "premium media" comunque restiamo soggetti all'influenza di altri ambienti/media nel nostro processo di acquisto. Io penso che a furia di parlare di Web 2.0 si perda di vista il fatto che esistono ancora e probabilmente per molti anni a venire, forme di pubblicita', diciamo piu' classiche, che certamente contribuiscono e continueranno a contribuire in maniera decisiva e preponderante alla creazione della "brand equity". Voglio dire che non si puo' pensare che i social network siano oggi la miglior soluzione dei problemi di comunicazione di un'azienda. Non si puo' pensare che poiche' oggi molti di noi beneficiano di Web 2.0, l'advertising online nella sua accezione piu' tradizionale del termine, i banner per intenderci, siano obsoleti e non generino piu' efficacia ed efficienza. Lo stesso penso dell'advertising sui mezzi classici che continua ad essere fondamentale per la creazione o l'incremento di awareness che rappresenta l'architettura di base per la costruzione di autorevolezza e credibilita' della marca e che contribuisce al raggiungimento di obiettivi di "copertura e frequenza". Il mix di tutti i mezzi ai quali siamo potenzialmente esposti quotidianamente e l'integrazione degli stessi e' certamente il modo migliore per creare "engagement", attraverso l'uso consapevole di codici di comunicazione coerenti e rilevanti rispetto al contesto.
In piu', avendo prima tenuto in debita considerazione tutto cio', c'e' anche Web 2.0 che influisce molto sulla "reputation" delle aziende e che, in virtu' degli strumenti che offre ai consumatori ed alle aziende, consente di amplificare il risultato di comunicazione che dunque non puo' esaurirsi nella creazione di un "brand channel" su Yout Tube, o di un progetto di comunicazione su My Space o su Flickr o di un blog SpaceLive o su Facebook ( per non far torto a nessuno credo di averli citati piu' o meno tutti). Oggi non e' plausibile pensare che un solo mezzo, fosse anche Internet che certamente e' piu' di un media, possa rispondere esaustivamente alle esigenze di marketing e comunicazione. Ma neanche domani e dopodomani...Sono la prima a sostenere che la televisione generalista ormai abbia fatto il suo tempo, soprattutto per una buona parte dei consumatori italiani che la guarda con sempre minore interesse , vista la frammentazione e la moltiplicazione dei mezzi e dei contenuti di informazione e di entertainment a disposizione di tutti, ma non lasciamoci prendere da facili entusiasmi e soprattutto non millantiamo credito sostentendo che i social network siano la vera rivoluzione e l'unico modo per le aziende per vendere prodotti e servizi. Sarebbe un errore imperdonabile consigliare alle aziende di farne "ampio uso" senza tenere conto che "l'infrastruttura di comunicazione di base" sara' ancora per molti anni data dal sapiente utilizzo di un mix di mezzi, seppur via via sempre piu' digitali, dalla pubblicita' tabellare, sia essa sulla televisione digitale, sia essa sulla stampa off e online, sia essa sui portali generalisti e verticali, sia essa sulla radio e cosi' via...il rischio a medio-lungo termine sarebbe quello di fare due passi in avanti e tre indietro. Non dimentichiamoci che la rete e' si oggi fatta in buona parte da "user generated content" che pero' spesso fanno riferimento ai contenuti prodotti alle "brand dell'editoria, dell'informazione e dell'entertainment" che investono in strutture e risorse e che sostengono e danno valore al Web 2.0.