Ieri pomeriggio ho partecipato ad una conferenza organizzata da "The Ruling Company" e dedicata a Web 2.0. Ho ascoltato molti illustri relatori che hanno espresso il loro punto di vista focalizzandosi molto sull'aspetto tecnologico di Web 2.0 e sull'impatto delle aziende di questa new wave che ha riportato felicemente internet alla ribalta delle cronache quotidiane e dell'interesse da parte di molti professionisti e manager da diversi mesi a questa parte.
Chi mi conosce sa quanto io sia fortemente convinta che la Rete e' davvero l'ambiente che finalmente sta cambiando e scardinando le regole del gioco della comunicazione, che per 40 anni hanno governato e ingabbiato la pubblicita' in format statici ed inadeguati rispetto alle esigenze dei consumatori.
Temo pero' che, essendo noi italiani un popolo fortemente sensibile alle mode, ancora una volta stia capitando che ci si focalizzi su un argomento perdendo di vista il contesto generale.
Cerco di spiegarmi, come ho provato a fare ieri alla conferenza: Web 2.0 e' un'affascinante opportunita', "strumento", occasione, sfida, per le aziende ed i consumatori, per provare ad instaurare una relazione "alla pari", senza gerarchie predefinite. La comunicazione fra pari all'interno dei social network e' sicuramente la benzina che alimenta questi ambienti. Le aziende possono ascoltare e dialogare con i cosiddetti clienti, possono acquisirne di nuovi o fidelizzare quelli gia' acquisiti.
Ma c'e' un ma...non possiamo dimenticare, se non vogliamo peccare di presunzione e se vogliamo essere intellettualmente onesti che Web 2.0 e' solo una parte del cosiddetto processo di relationship marketing, per diversi motivi che cerco di riassumere: intanto non possiamo dimenticare che gli utenti internet sono 22 milioni su 58 milioni di italiani e coloro i quali sanno cos'e' Web 2.0 e soprattutto usufruiscono di tutte le sue potenzialita', ad essere generosi, sono molto meno della meta' di 22 milioni. Inoltre per quanto noi "blogger" si sia fortemente orientati ad utilizzare internet e tutte le nuove tecnologie come "premium media" comunque restiamo soggetti all'influenza di altri ambienti/media nel nostro processo di acquisto. Io penso che a furia di parlare di Web 2.0 si perda di vista il fatto che esistono ancora e probabilmente per molti anni a venire, forme di pubblicita', diciamo piu' classiche, che certamente contribuiscono e continueranno a contribuire in maniera decisiva e preponderante alla creazione della "brand equity". Voglio dire che non si puo' pensare che i social network siano oggi la miglior soluzione dei problemi di comunicazione di un'azienda. Non si puo' pensare che poiche' oggi molti di noi beneficiano di Web 2.0, l'advertising online nella sua accezione piu' tradizionale del termine, i banner per intenderci, siano obsoleti e non generino piu' efficacia ed efficienza. Lo stesso penso dell'advertising sui mezzi classici che continua ad essere fondamentale per la creazione o l'incremento di awareness che rappresenta l'architettura di base per la costruzione di autorevolezza e credibilita' della marca e che contribuisce al raggiungimento di obiettivi di "copertura e frequenza". Il mix di tutti i mezzi ai quali siamo potenzialmente esposti quotidianamente e l'integrazione degli stessi e' certamente il modo migliore per creare "engagement", attraverso l'uso consapevole di codici di comunicazione coerenti e rilevanti rispetto al contesto.
In piu', avendo prima tenuto in debita considerazione tutto cio', c'e' anche Web 2.0 che influisce molto sulla "reputation" delle aziende e che, in virtu' degli strumenti che offre ai consumatori ed alle aziende, consente di amplificare il risultato di comunicazione che dunque non puo' esaurirsi nella creazione di un "brand channel" su Yout Tube, o di un progetto di comunicazione su My Space o su Flickr o di un blog SpaceLive o su Facebook ( per non far torto a nessuno credo di averli citati piu' o meno tutti). Oggi non e' plausibile pensare che un solo mezzo, fosse anche Internet che certamente e' piu' di un media, possa rispondere esaustivamente alle esigenze di marketing e comunicazione. Ma neanche domani e dopodomani...Sono la prima a sostenere che la televisione generalista ormai abbia fatto il suo tempo, soprattutto per una buona parte dei consumatori italiani che la guarda con sempre minore interesse , vista la frammentazione e la moltiplicazione dei mezzi e dei contenuti di informazione e di entertainment a disposizione di tutti, ma non lasciamoci prendere da facili entusiasmi e soprattutto non millantiamo credito sostentendo che i social network siano la vera rivoluzione e l'unico modo per le aziende per vendere prodotti e servizi. Sarebbe un errore imperdonabile consigliare alle aziende di farne "ampio uso" senza tenere conto che "l'infrastruttura di comunicazione di base" sara' ancora per molti anni data dal sapiente utilizzo di un mix di mezzi, seppur via via sempre piu' digitali, dalla pubblicita' tabellare, sia essa sulla televisione digitale, sia essa sulla stampa off e online, sia essa sui portali generalisti e verticali, sia essa sulla radio e cosi' via...il rischio a medio-lungo termine sarebbe quello di fare due passi in avanti e tre indietro. Non dimentichiamoci che la rete e' si oggi fatta in buona parte da "user generated content" che pero' spesso fanno riferimento ai contenuti prodotti alle "brand dell'editoria, dell'informazione e dell'entertainment" che investono in strutture e risorse e che sostengono e danno valore al Web 2.0.
sabato, ottobre 13, 2007
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45 commenti:
Perfettamente d'accordo: a furia di raccomandare alle aziende di capire e integrare il nuovo rischiamo di far credere loro che i mezzi tradizionali sono da buttare e che basti "pianificare" un blog invece che un banner.
In realtà è tutto molto più difficile: le lezioni della relazione paritaria in rete vanno "digerite" a livello di trasparenza e di qualità dell'offerta, non di cambio radicale di strumenti e di ambienti di comunicazione.
molto condivisibile. E' quanto dirò domani al seminario dello Smau sul marketing liquido. C'è parecchio da fare ancora, hai fatto bene a puntualizzare.
Layla, tu parli di occasione per le aziende di instaurare un rapporto “alla pari”, senza gerarchie.
Ma siamo veramente sicuri che è questo che le aziende vogliono e perseguono??
Io tante volte ho l'impressione che le aziende siano spaventate da ciò e che lo ritengano destabilizzante dei rapporti e dei ruoli consolidati nel corso degli anni.
Vedo tante aziende, istituzioni (vedi ad es. il portale www.pubblica.istruzione.it), personaggi politici che si improvvisano bloggers (il noto ministro C.M. su tutti, salito ultimamente agli onori della cronaca) che salgono su un piedistallo e dicono al resto del mondo: “Bene, creiamo un dialogo alla pari”.
Ma chi vogliono prendere in giro? Perché non cominciano ad applicare (nei dovuti modi) i paradigmi del social networking all'interno delle loro stesse aziende?
Io vedrei di buon occhio il passaggio da una situazione di condivisione delle informazioni in azienda tramite reti intranet ad una di condivisione di notizie, competenze ed esperienze per mezzo degli strumenti tipici del web 2.0 (es. un blog aziendale, ma non solo).
Per ora purtroppo si possono contare i casi di aziende che hanno “rischiato” (o meglio saputo cogliere certe opportunità).
Per quanto riguarda invece la pubblicità classica, anche io sono d'accordo sul fatto che sia complementare al web adv e che entrambe si alimentino a vicenda: è un caso raro in cui il famoso piede in due scarpe può essere la scelta vincente.
Vedo però ancora titubanze negli investimenti sulla “scarpa” tecnologica: l'adv nel web 2.0 non è pubblicare i banner su un sito, o quantomeno non solo.
Vedo anche ampi margini di miglioramento in Italia sulla diffusione della cultura digitale: purtroppo è un dato di fatto che nel vecchio continente siamo sempre stati in pole position per quanto riguarda la penetrazione della telefonia mobile ma tra i fanalini di coda per quanto riguarda la penetrazione web.
Roberto
P.S. Mi complimento con la tua modestia quando dici che TU hai ascoltato illustri relatori.
Ciao Layla,
non sono sicuro di aver capito cosa fanno o dovrebbero fare le aziende su questo Web 2.0 che e' "solo una parte del cosiddetto processo di relationship marketing". Blog aziendali, canali su YouTube, una presenza su MySpace etc?
Per il resto, sono d'accordissimo con Roberto, le aziende NON vogliono un rapporto alla pari, altrimenti non comprerebbero pubblicità (2.0 o altrimenti) ma si lascerebbero alle spalle le proprie paure e renderebbero i propri siti interessanti e aperti ai loro clienti.
Massimo
Ciao Layla. Massimo Moruzzi e Roberto Favini hanno centrato il punto. 2.0 e adv tradizionale viaggiano su logiche diverse e per tale ragione non sono complementari se non per raggiunger stessi obiettivo (vendere: quello si che non cambia per le aziende). Il tuo post mi ha fatto aprire una riflessione che ho espresso più ampliamente nel mio blog. ..
Bella Cappe!
Sgrammaticato come al solito ma incisivo nel riassumere le tesi altrui
grazie del commento marlog, da vero signore...
Mi dispiace dirlo ma con questo tipo di discorsi sono sempre piu' convinto che ho fatto bene a lasciare l'italia.
Mi scusi lei parla di social networking per vendere prodotti?
Ma scherza o sta dicendo sul serio?
Credo che abbiate delle idee parecchio confuse sul concetto di social networking e dove sia il bussiness sul social networking a lungo termine.
Se si puo' guadagnare dal WEB 2.0 puo' essere nelle integrazioni tecnologiche per agevolare tale processo, non certo per vendere dei fagioli in scatola.
La cosa che in Italia ancora vi sfugge, che con la tecnologia non si puo' vivere di riflesso.
Non sperate in miracoli, di poter vivere all'ombra di chi produce o sviluppa.
Il brand channel su youtube... Parliamoci chiaro se voi che gestite e amministrate aziende non vi rendete conto che non si puo' vivere all'ombra o al seguito degli altri, e cominciare per primi a sviluppare servizi, e tecnologie infrastutturali per il nostro paese si prepara uno dei periodi piu' brutti dell'economia italiana dai Tempi di Giolitti quando propose una tassa progressiva sul reddito
Bisogna che l'italia investa sulle tecnologie e sulle infrastrutture, Ascoltare gli altri che parlano di come deve essere la tecnologia puo' essere d'aiuto, ma non certo la soluzione.
Io comincio a vedere sempre piu' una distanza insondabile tra noi tecnici e voi amministratori delegati. E' triste.
Oggi uno specialista IT guadagna a progetto 1100 euro mentre fuori come contratto fisso ne prende 3000
State sbagliando tutto. La fuga dei cervelli IT italiani e in continuo aumento e voi parlate di come pubblicizzare i fagioli in scatola su you tube.
Non e' un bello spettacolo.
Distinti Saluti
AP
Salve Io parlo per esperienza tecnica di chi l'ha vissuta e continua a viverla tutti i giorni, non certo solamente dietro ad una sedia
per le conferenze come spero lei (sicuramente) . Io come molti Tanti, Troppi in Italia, continua a chiedersi in che situazione continuamo a vivere.
Bene ritengo che il suo punto di vista sia fallace per diversi motivi.
Ho visto girando per il mondo come funzionano le cose, ebbene pensare che si possa fare mercato pensando che la Web 2.0 sia la soluzione definitiva sembra una bella favola, ma non certo a lieto fine.
L'economia di mercato ITC che si basa sulla Web 2.0 non e' certo quella di fare un Brand Channel Dedicato su una scatola di fagioli su youtube, o la fideizzazione dei propri clienti attraverso la social networking. Quello puo' essere un riflesso, ma in ITC non si puo' vivere di riflesso, L'informatica o la si fa o la si "subisce" da clienti.
Mi sono davvero stupefatto leggendo un tale articolo.
http://laylapavone.blogspot.com/2007/10/web-20-sima-anche-back-to-basics-please.html. La fidelizzazione o l'utilizzo della web 2.0 per un prodotto puo' essere un mezzo ma non il fine di una societa' per la vendita di propri prodotti. Sembra che queste persone parlino tra di loro in modo totalmente scardinato, dalla realta' economica, pensando che avere dei commenti positivi su un blog possa dare dei vantaggi di natura economica effettivi.
Come stato confermato in parecchie conferenze IT il bussiness e' prevalentemente nel supporto delle infrastrutture. Mccallister nella java conference del 2006 parlando del web 2.0, si espresse a riguardo delle possibilita' del supporto e delle infrastrutture come frontiera di bussiness.
Va da se che se io per vendere un prodotto mi affido a dei servizi web 2.0 a guadagnarci sara' chi produce il servizio. Insomma in italia (unico caso per altro) Si scambia la figura del cliente con la figura dell'imprenditore.
Mi spiego meglio, per poter essere parte attiva e trainante di questo nuovo tipo di business, bisogna per prima essere fornitori di servizi, e di tecnologia per tale piattaforma, Senno' come ho gia' detto la si subisce. Si riesce a percepire chiaramente nell'articolo della Pavone, una totale dissonanza tra quello che afferriamo e tra cio' che sia davvero il bussiness del Web 2.0
Se io dico che e' bussiness pubblicizzare fagioli in scatola su Second Life, o su You Tube, bisogna davvero capire DOVE e' il bussiness. Guadagna chi vende il servizio per pubblicizzare e nel contempo vende spazi o chi pubblicizza prendendo da altri?
Credo si sia d'accordo che il primo ad avere vantaggio economico e' chi vende il servizio. Mi pare che chi possa pensare di fare la parte del leone stando a guardare faccia come al solito un' errore all'italiana molto comune. Far vincere agli altri facendo finta di combattere e sperare che i vincitori lascino le briciole perche' non abbiamo partecipato pero eravamo "moralmente con loro"
Sul guadagnare vendendo Servizi Web 2.0 non ci vedo nulla di male anzi, e un mercato ampio, e agli inizi. Il problema pero' non e' che non esiste un mercato WEB 2.0 il problema e che in Italia come e' stato ben evidenziato dall'articolo della Pavone, Si scambiano i clienti per gli imprenditori.
Gli imprenditori in questo caso sono chi vende il servizio e con esso i servizi , il resto e' clientela. L'Italia deve realizzare una cosa chiara e' precisa: non si puo' vivere nel riflesso della tecnologia, sperando che col "bonta' loro" si rimanga a galla.
Se L'imprenditoria Italiana non si rendera' conto che bisogna Investire in tecnologia e sviluppare tecnologia, continuera' ad arrancare finche' la distanza diventera' cosi' lontana da non poter essere piu' raggiungibile.
Ci si parla addosso, senza capire che bisogna SVILUPPARE PER ESSERE IN PRIMA LINEA. Per adesso siamo solo clienti che pensiamo di vivere per riflesso su quello che viene sviluppato non certo da noi. Poi si possono fare tutte le conferenze che si vogliono,
ma rimangono conferenze e nulla piu'.
Non perche' le teste pensanti per poterlo fare questo tipo di bussiness non ci siano nel nostro paese, non avviene semplicemente perche' chi dovrebbe investire (quei pochi che lo dovrebbero o lo possono fare) non lo fanno gasandosi sulle possibilita' di bussiness altrui che noi (di certo) non vedremo mai.
La IAB per capire dove si trovi il bussiness dovrebbe leggere l'articolo di Hinchcliffe http://blogs.zdnet.com/Hinchcliffe/index.php?p=14
Hinchcliffe di chi parla nel suo modello di Bussiness ovviamente dei principali fornitori di tecnologie e di rivendita on-line. Va da se che nel suo grafico, ne' lui ne tantomeno un esperto abbastanza lungimirante in questo settore, si sarebbe mai sognato di dire che il bussiness sta nel fare un brand channel su you tube per un prodotto. Quello non e' fare bussiness Web 2.0 quello e' esserne clienti pensando di Farlo.
D'accordo La IAB vende pubblicita', giusto: ma se anche l'economia non e' un opinione si guadagna piu' a vendere servizi e con pubblicita' come fa google (esempio vincente di WEB 2.0) oppure chi rivende gli spazi che si comprano tra quelli che i servizi li offrono.
Seconda domanda: Perche' se io ho chi vende le infrastrutture e il software on-line, per comprare un brand channel devo andare da un'intermediario? Vado da chi lo vende il servizio.
E' vero La Pavone ha ragione, il concetto di Advertising cambia ed evolve ma in un modo che nemmeno, hanno capito come.
Il Cliente si fidelizza, ma compra Adwords, il pubblico copra ma da Amazon o da Ebay, che fanno davvero Bussiness Web 2.0 e il resto? (noi italiani) Stiamo a guardare.
Oggi proprio grazie a Internet L'intermediazione comincia a non esserci piu', si passa dal fornitore del servizio al cliente. Pensare che i Vincenti del Web 2.0 (amazon, google, ebay) lascino le briciole a noi Italiani del Web 2.0 visto di riflesso e' pura fantasia.
Armiamoci e partite diceva un proverbio, ma se si pensa di dividere i frutti di chi questa battaglia la sta vincendo, (molto all'italiana) e semplicemente ridicolo.
mi aspettavo una sua risposta, ma a quanto pare lei e' una persona che forse non ama il contradditorio.
alessio, ma sai che sinceramente non ho capito esattamente il tuo punto di vista? ...mi sono persa nei tuoi ragionamenti...tantopiu' che non mi pare si sia in disaacordo totale, no? vuoi farmi per cortesia un bigino del tuo punto di vista? :-)
grazie!
alessio, ma sai che sinceramente non ho capito esattamente il tuo punto di vista? ...mi sono persa nei tuoi ragionamenti...tantopiu' che non mi pare si sia in disaacordo totale, no? vuoi farmi per cortesia un bigino del tuo punto di vista? :-)
grazie!
mi spieghero' meglio.
Affinche' si possa partecipare a un bussiness come quello della web 2.0 bisogna che voi facciate si che esistano possibilita' concrete e ripeto concrete che le aziende italiane che vogliano partecipare a questo bussiness abbiano una loro piattaforma e delle infrastrutture che dovranno essere vendute insieme allo spazio. Quello che rende il Web 2.0 un bussiness, (per esempio Google con il suo adwords)e perche' google oltre a vendere lo spazio, mette a disposizione ai clienti un modo semplice e intuitivo per il cliente di usare tale piattaforma. Google e' diventato quello che e' nell'advertising sopratutto per la sua capacita' di infrastruttura e di sviluppo dei prodotti. l'AJAX sta diventando uno standard per parecchi siti dopo che google lo adotto' in modo abbondante.
Layla se volete che le nostre aziende siano in competizione anche per questo tipo di bussiness, bisogna che le nostre aziende cominicino a sviluppare "piattaforme indipendenti" ed entrare in competizione con gli altri. Senno' si diventa clienti del web 2.0. Sviluppare significa creare per la clientela software, Application Server, Frameworks, servizi al cliente e tutto quello che puo' oliare la macchina web 2.0 del bussiness. Layla se non si sviluppa noi stessi diventiamo solo clienti "gasati" ma non saremo mai imprenditori di questo bussiness.
Prima di fare copia delle chiavi del nostro bussiness, bisogna aver costruito le mura di questo bussiness. Dovete creare siti innovativi e paralleli che applichino il web 2.0 e che vendano anche il servizio pubblicitario.
Layla su internet l'intermediazione
non esiste.
La domanda gliela ripeto:
Un cliente che si dovrebbe fare pubblicita' e utilizzare i vostri brand channel, passerebbe da voi o andrebbe direttamente a chi questo brand channel glielo puo' vendere direttamente?
Layla se voi imprenditori non capirete che per avere profitti, da questo tipo di nuovo bussiness, dovete investire nelle ossa di tale bussiness (infrastutture, AS, applicativi, e datacenter per poter contenere tali applicativi) senno' siete fuori dal gioco.
Game over.
Spero di essere stato piu' chiaro
Ciao,
credo che il succo dell'articolo sia nella frase "soprattutto per una buona parte dei consumatori italiani".
I consumatori italiani sono "vecchi" usano tecnologia vecchia e si informano con mezzi vecchi, volantini, giornali ed ovviamente televisione.
Grazie all'arretratezza culturale, legislativa ed infrastrutturale quesit mezzi sono ad oggi "per i vecchi" consumatori il canale principale di pubblicità.
L'attuale governo sta cercando in tutti i modi di rallentare (o fermare) il processo di modernizzazione delle infrastrutture IP (vedi wi-max,peer to peer, abbonamenti solo dati, etc) perchè in un paese dotato di tale infrastrutture la tv, il giornale ed altro sarebbero solo ricordi in quanto tutto sarebbe a portata di un click su mio palmare (ed all'estero JPG,USA, ed altro è già cosi).
E quando questo inevitabilmente grazie all'europa sarà, le nostre imprese saranno fuori dai giochi, oppure dovranno spendere parecchio, come dice Ale per recuperare.
Al momento, però concordo con l'autrice che le imprese "italiane" devono essere per stare sul mercato con i piedi in entrambe le staffe perchè il web è ancora per "i vecchi" troppo nuovo.
Personalmente ritengo che occorrano ancora tra i 5 ed i 10 anni in Italia per cambiare, se ancora ci sarà qualcosa da cambiare.
Grazie
Cubasia
attendo risposta grazie
Alessipo, non so dove tu viva...mi pare di capire fuori dall'Italia. Onestamente non ti seguo. Le aziende se vogliono fare "web 2.0" possono gia' farlo non c'e' bisogno di avere offerte in bundling, e' una questione non tecnologoica ma di cultura, di innovazione e di marketing. Sul fatto che internet disintermedi, sono d'accordo ovviamente, ma il ruolo del consulente di marketing e di comunicazione sara' sempre piu' importante per le aziende in un mondo che dal punto di vista dell'offerta media sta diventandp sempre piu' frammentato e complesso da analizzare e comprendere. Non e' tutto cosi' semplice come pensi tu.
lessipo, non so dove tu viva...mi pare di capire fuori dall'Italia.
appunto!
Onestamente non ti seguo. Le aziende se vogliono fare "web 2.0" possono gia' farlo non c'e' bisogno di avere offerte in bundling, e' una questione non tecnologoica ma di cultura, di innovazione e di marketing.
a me il discorso mi pare chiarissimo: se lo fai come amazon o google fai bussiness senno' non lo fai bussiness sei un cliente come tanti altri.
Sul fatto che internet disintermedi, sono d'accordo ovviamente, ma il ruolo del consulente di marketing e di comunicazione sara' sempre piu' importante per le aziende in un mondo che dal punto di vista dell'offerta media sta diventandp sempre piu' frammentato e complesso da analizzare e comprendere. Non e' tutto cosi' semplice come pensi tu.
beh questa non e' una risposta non proprio carina da parte sua se lei mi dice che la faccio tanto semplice mi da di persona poco competente. Peccato! Ecco spiegato la fuga di cervelli.
Non capisco come mai, non si riesca con voi mai a fare un discorso che va al di la' del "io son piu' bravo di te quindi se tu che non capisci"
Non si preoccupi, io capisco benissimo, il problema e che voi in Italia non avete capito, che i vostri esperti di marketing senza una adeguata preparazione in campo infrastrutturale, finiranno a fare i disoccupati.
La tecnologia si evolve e si richiede a gente come voi di avere altre capacita' aggiuntive, come chi nel marketing IT all'estero ha gia' acquisito da tempo.
Ha ragione le competenze servono, ma quelle informatiche sulle infrastrutture, per poter comprendere meglio come creare una piattaforma. Ma e' tanto difficile capire che non potete fare marketing sul Web 2.0 senza avere una infrastruttura adeguata.
Su una cosa ha ragione: Le aziende gia' il marketing sul web 2.0 lo fanno, ma con chi puo' assicurargli sia un team di marketing adeguato sia una adeguata esperienza infrastrutturale.
Auguri in italia ne avrete davvero bisogno!
ma siamo d'accordo su questo Alessio! Non volevo essere presuntuosa, quando dico non capisci e' perche' credo che sia importanti per le aziende avere dei partner competenti che le affianchino. Pensare di internalizzare competenze e servizi credo sia un errore, ma certamente oggi il marketing e le competenze necessarie sono basate anche sugli aspetti legati alla tecnologia, non vi e' dubbio.
Dove vivi? in US?
Lavoro e vivo in irlanda per una azienda USA ma per lavoro sono andato anche a palo alto.
L'aria che si respira rispetto a noi sembra cosi' diversa io ho pensato tornando a Dublino: Noi italiani sembriamo tanto indietro, a loro.
per quanto riguarda
errore=internalizzazione non sono assolutamente daccordo.
oggi va di moda, ma se ci pensi tutta la piattaforma google, amazon, ebay non e' esternalizzata.
Gli americani da tempo hanno capito una cosa, si puo' esternalizzare cio' che non ha a che fare col proprio bussiness ma e' correlato, ma esternalizzare la base del proprio bussiness e' un errore madornale.
All'estero si ragiona cosi:
esternalizzo tutto quello che con il mio bussiness e' secondario ma quello che e' il mio core lo tengo ben stretto.
si ma stai parlando di google, amazon e ebay...che tra l'altro guarda caso non pianificano advertising...io sto parlando di investitori pubblicitari, di aziende, non di big player della rete come quelli che ha citato che e' ovvio che debbano avere tutta la tecnologia interna...
si ma stai parlando di google, amazon e ebay...che tra l'altro guarda caso non pianificano advertising...io sto parlando di investitori pubblicitari, di aziende, non di big player della rete come quelli che ha citato che e' ovvio che debbano avere tutta la tecnologia interna...
lei dice?
google non fa planning?
infatti non ne ha bisogno i clienti
vanno direttemente da loro e al planning ci pensa google senza nemmeno scomodarsi.
https://adwords.google.com/select/success.html
le consiglierei di leggersi un po di motivazioni che spingono queste aziende ad usare adwords (che non hanno mai pianificato niente ci ha pensato direttamente google).
Il cliente non ha bisogno piu' di planning perche' a tutto ci pensa google.
Il planning e implicito.
implicito!
senti Alessio, prima di dare consigli prova magari a capire chi e' il tuo interlocutore...l'agenzia che dirigo investe moltissimo per i suoi clienti su google e su altri motori di ricerca...siamo un'agenzia digitale di 40 persone e abbiamo un dipartimento totalmente dedicato al Search Engine Marketing...
E' ovvio che Google non faccia pianificazione tradizionale consumer...e' quasi monopolista in alcuni paesi...cosi' come altri player come ad esempio ebay...io sto parlando di aziende grandi e medie che tipicamente fano investimenti pubblicitari utilizzando un media-mix articolato...
questo non lo metto in dubbio e non voglio assolutamente sminuire il vostro lavoro, vi esorto solamente a pensare anche alla possibilita' di infrastrutture IT a servizio di quello che attualmente gia' fate.
Poi fate vobis.
grazie per il consiglio ne terremo conto
Layla, altro che Irlanda e USA e Palo Alto.. sto Alessio avrà scritto 50 volte BuSsinnes, ti pare che possa essere uno che vive all'estero? Peraltro con un'inquietante predlezione per i fagioli in scatola e per gli sproloqui arrotolati su se stessi. Alessio, sa che io dei suoi 5 o 6 messaggi non ho capito niente? Sa che l'azienda che gestisce la dott.ssa Pavone Google lo conosce decisamente meglio di lei? Sa che ha appena perso un'ottima occasione per imparare qualcosa di interessante?
Layla, altro che Irlanda e USA e Palo Alto.. sto Alessio avrà scritto 50 volte BuSsinnes, ti pare che possa essere uno che vive all'estero? Peraltro con un'inquietante predlezione per i fagioli in scatola e per gli sproloqui arrotolati su se stessi. Alessio, sa che io dei suoi 5 o 6 messaggi non ho capito niente? Sa che l'azienda che gestisce la dott.ssa Pavone Google lo conosce decisamente meglio di lei? Sa che ha appena perso un'ottima occasione per imparare qualcosa di interessante
Primo signor anonimo venga pure in irlanda ovviamente se puo' permettersi di pagarsi un biglietto. Mi contatti con il blog, ma suppongo che chi vigliaccamente si nasconde in anonimato non debba essere preso in considerazione.
Secondo forse lei non capisce, cosa al quanto plausibile, visto che probabilmente di IT non ne capisce nulla, senno' il messaggio le sarebbe arrivato limpido.
Se lo faccia tradurre da un vero esperto IT magari ci arriva anche lei, piano piano, ma con parecchio supporto vedra' che e' tutto molto chiaro.
Terzo difendere posizioni senza capire non e' molto intelligente.
Saluti da Dublino!
Ah bussinesss con otto esse :D
:D
mi trovo in perfetta sintonia
Anonimo ha detto...
Layla, altro che Irlanda e USA e Palo Alto.. sto Alessio avrà scritto 50 volte BuSsinnes, ti pare che possa essere uno che vive all'estero? Peraltro con un'inquietante predlezione per i fagioli in scatola e per gli sproloqui arrotolati su se stessi. Alessio, sa che io dei suoi 5 o 6 messaggi non ho capito niente? Sa che l'azienda che gestisce la dott.ssa Pavone Google lo conosce decisamente meglio di lei? Sa che ha appena perso un'ottima occasione per imparare qualcosa di interessante?
Certo che la tua boria e' pari solo alla tua abissale ignoranza.
Prima di tutto conosco Alessio da molto tempo e' confermo che ha lavorato e lavora sia negli USA che in irlanda. Io lavoro a Dublino e ti posso assicurare che e' preparatissimo.
Secondo quegli arrotolati arzigogoli come li chiami a te, sono chiarissimi. Se non cominciate a dare servizi con il supporto, vi ritroverete sotto ad un ponte, manager o non manager.
Ecco perche' anche io ho deciso di andarmene dall'italia, perche' ci sono boriosi ignoranti che non sanno nulla come te caro signor anonimo, che si vendono come quello che non sono.
Mi fai pena.
good start
Si, probabilmente lo e
necessita di verificare:)
Perche non:)
good start
quello che stavo cercando, grazie
necessita di verificare:)
necessita di verificare:)
Perche non:)
La ringrazio per Blog intiresny
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