Molti di voi sapranno che l’iter del disegno di legge sulle quote di genere nei Consigli di amministrazione delle società quotate in borsa viene continuamente minacciato da potenti lobby che intendono impedire che la legge venga approvata.
Il testo, licenziato a larga maggioranza alla Camera grazie ad un accordo trasversale delle donne parlamentari è stato bloccato ora al Senato.
Da qui nasce la mia lettera e quella che molte donne manager in Italia stanno indirizzando al Presidente del Senato e al Presidente della Commissione Finanze stimolata da Marisa Montegiove coordinatrice del Gruppo Donne Manageritalia
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Al Presidente del Senato
Al Presidente della Commissione Finanze
Illustrissimi Presidenti,
l'approvazione della legge sulle quote rosa è purtroppo un passo irrinunciabile per riconoscere il valore delle donne che lavorano.
Molte donne come me chiedono che anche il Senato approvi una legge che permetta a tante lavoratrici capaci e qualificate di poter raggiungere quello che noi donne ci guadagnamo ogni giorno sul campo, ma la cultura imperante non ci concede.
Certa che vi farete portatori della nostra sollecitazione, cordiali saluti.
Layla Pavone
venerdì, febbraio 18, 2011
martedì, febbraio 15, 2011
Da Sergio B. a Sergio B.
Ciao Sergio,
Sono un amico di Layla Pavone e ho letto sul suo blog che sei il papà del ragazzo aggredito in zona V.le Monza. Ti scrivo perché leggendo la tua lettera sono stato colto da un’ impulso di solidarietà e soprattutto di affetto verso tuo figlio che ha la stessa età del mio, Valerio, che la scorsa settimana il 2 febbraio ha vissuto un’esperienza simile alle tre del pomeriggio vicino alla una fermata della metropolitana Uruguay. Le modalità sono state più o meno le stesse: fermato da tre ragazzi un pò più grandi che volevano soldi e cellulare. Mio figlio ha opposto un pò di resistenza ed è stato scaraventato su una panchina e si è beccato un pugno in faccia. La fortuna in questo caso ha voluto che un ragazzo sopraggiungesse in aiuto di Valerio e che poco dopo la strada si riempisse di gente dopo l’arrivo in stazione di un treno della metropolitana con conseguente fuga dei tre…come definirli??. Valerio sé l’è cavata con un pò di paura, sei ore di pronto soccorso e fortunatamente nulla di rotto.
Devo dire la Polizia mi sembra che stia lavorando molto seriamente e proprio in questo momento mentre ti sto scrivendo Valerio e mia moglie sono in commissariato per un secondo riconoscimento di fotografie segnaletiche. Devo dire che questo mi conforta molto perché almeno ho la sensazione che il problema, non solo di mio figlio ma in generale, venga affrontato con professionalità e con la dovuta attenzione.
Io ho solo una convinzione che spero di non perdere con il tempo, ed è quella di cercare di reagire con la forza delle nostre idee a questo stato di cose senza cadere nella facile retorica del “occhio per occhio”.
Dobbiamo avere la forza di trasmettere ai nostri figli la convinzione che questo mondo se lo vogliamo migliore è solo con la ragione che possiamo farlo e non con violenza.
Lo so, lo immagino che in questo momento questi discorsi ti possano sembrare parole vuote di fronte alla sofferenza di tuo figlio ma dalla tua lettera ho capito che sei uno che non molla e questo mi ha dato il coraggio di dirti queste cose in questo momento.
Niente, che dire Sergio, un abbraccio fortissimo a te alla tua famiglia ma soprattutto un bacio grosso a tuo figlio e speriamo che questa brutta storia, non lasci in lui ulteriori strascichi soprattutto psicologici.
Io e mia moglie e mio figlio siamo qua e siamo a tua disposizione
Contattami per qualsiasi necessità o iniziativa tu volessi intraprendere.
Un abbraccio forte
Sergio Daniela e Valerio
P.S. metto in cc anche mia moglie e Layla che abbraccio
Sono un amico di Layla Pavone e ho letto sul suo blog che sei il papà del ragazzo aggredito in zona V.le Monza. Ti scrivo perché leggendo la tua lettera sono stato colto da un’ impulso di solidarietà e soprattutto di affetto verso tuo figlio che ha la stessa età del mio, Valerio, che la scorsa settimana il 2 febbraio ha vissuto un’esperienza simile alle tre del pomeriggio vicino alla una fermata della metropolitana Uruguay. Le modalità sono state più o meno le stesse: fermato da tre ragazzi un pò più grandi che volevano soldi e cellulare. Mio figlio ha opposto un pò di resistenza ed è stato scaraventato su una panchina e si è beccato un pugno in faccia. La fortuna in questo caso ha voluto che un ragazzo sopraggiungesse in aiuto di Valerio e che poco dopo la strada si riempisse di gente dopo l’arrivo in stazione di un treno della metropolitana con conseguente fuga dei tre…come definirli??. Valerio sé l’è cavata con un pò di paura, sei ore di pronto soccorso e fortunatamente nulla di rotto.
Devo dire la Polizia mi sembra che stia lavorando molto seriamente e proprio in questo momento mentre ti sto scrivendo Valerio e mia moglie sono in commissariato per un secondo riconoscimento di fotografie segnaletiche. Devo dire che questo mi conforta molto perché almeno ho la sensazione che il problema, non solo di mio figlio ma in generale, venga affrontato con professionalità e con la dovuta attenzione.
Io ho solo una convinzione che spero di non perdere con il tempo, ed è quella di cercare di reagire con la forza delle nostre idee a questo stato di cose senza cadere nella facile retorica del “occhio per occhio”.
Dobbiamo avere la forza di trasmettere ai nostri figli la convinzione che questo mondo se lo vogliamo migliore è solo con la ragione che possiamo farlo e non con violenza.
Lo so, lo immagino che in questo momento questi discorsi ti possano sembrare parole vuote di fronte alla sofferenza di tuo figlio ma dalla tua lettera ho capito che sei uno che non molla e questo mi ha dato il coraggio di dirti queste cose in questo momento.
Niente, che dire Sergio, un abbraccio fortissimo a te alla tua famiglia ma soprattutto un bacio grosso a tuo figlio e speriamo che questa brutta storia, non lasci in lui ulteriori strascichi soprattutto psicologici.
Io e mia moglie e mio figlio siamo qua e siamo a tua disposizione
Contattami per qualsiasi necessità o iniziativa tu volessi intraprendere.
Un abbraccio forte
Sergio Daniela e Valerio
P.S. metto in cc anche mia moglie e Layla che abbraccio
lunedì, febbraio 14, 2011
Domenica 13 febbraio - Diario di Sergio Bonomi
Ricevo e pubblico con affetto questa mail di Sergio rivolta a tutti Voi.
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Sono le 8 del mattino e questa domenica, mia moglie Giulia, dorme, è stanca. Mentre la guardo ripenso a tutto quello che abbiamo trascorso e ancora non riesco a tirare un sospiro di sollievo.
Mi alzo e decido di scrivere questa lettera, perché voglio sottolineare, che questa volta, la nostra “società” ha funzionato: i medici stanno curando egregiamente mio figlio, che ne avrà per un po’; i nostri amici, gli organi di informazione e il popolo della rete hanno dato una risonanza formidabile al mio appello; le istituzioni si sono presentate, le forze dell’ordine, in poco tempo, hanno arrestato i colpevoli e la giustizia farà il suo corso.
Io dico che dovrebbe andare SEMPRE così, e che questa deve diventare la normalità.
Siamo solo all’inizio, ancora una volta ho capito, che dipende sopratutto da noi e dal nostro coraggio, nel non aver paura di denunciare le ingiustizie, nell’essere coerenti e di buon esempio verso il prossimo e i nostri figli. Bisogna avere fiducia in noi stessi e nelle istituzioni; riappropriarci del nostro ruolo nella società in cui viviamo.
Se riusciremo a osservare queste poche regole torneremo ad essere una vera società, e il “branco” non avrà più la possibilità di aggredire nessuno. Se lo farà scoprirà a sue spese cosa significa vedersela con tutti noi.
Grazie ancora per la solidarietà, spero che questo mio piccolo gesto possa aiutarci ad essere migliori tutti.
Sergio Bonomi
P.S. Sono passati i miei figli a darmi un bacio
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Sono le 8 del mattino e questa domenica, mia moglie Giulia, dorme, è stanca. Mentre la guardo ripenso a tutto quello che abbiamo trascorso e ancora non riesco a tirare un sospiro di sollievo.
Mi alzo e decido di scrivere questa lettera, perché voglio sottolineare, che questa volta, la nostra “società” ha funzionato: i medici stanno curando egregiamente mio figlio, che ne avrà per un po’; i nostri amici, gli organi di informazione e il popolo della rete hanno dato una risonanza formidabile al mio appello; le istituzioni si sono presentate, le forze dell’ordine, in poco tempo, hanno arrestato i colpevoli e la giustizia farà il suo corso.
Io dico che dovrebbe andare SEMPRE così, e che questa deve diventare la normalità.
Siamo solo all’inizio, ancora una volta ho capito, che dipende sopratutto da noi e dal nostro coraggio, nel non aver paura di denunciare le ingiustizie, nell’essere coerenti e di buon esempio verso il prossimo e i nostri figli. Bisogna avere fiducia in noi stessi e nelle istituzioni; riappropriarci del nostro ruolo nella società in cui viviamo.
Se riusciremo a osservare queste poche regole torneremo ad essere una vera società, e il “branco” non avrà più la possibilità di aggredire nessuno. Se lo farà scoprirà a sue spese cosa significa vedersela con tutti noi.
Grazie ancora per la solidarietà, spero che questo mio piccolo gesto possa aiutarci ad essere migliori tutti.
Sergio Bonomi
P.S. Sono passati i miei figli a darmi un bacio
lunedì, febbraio 07, 2011
L'appello di un amico ma soprattutto di un padre disperato
Ieri notte ho ricevuto questa mail da parte di Sergio Bonomi, un amico, oltre che un editore online, che ci chiede di utilizzare la forza della rete per aiutarlo diffondere il suo appello disperato.
Per chi voglia mettersi direttamente in contatto con lui, per manifestargli la sua solidarieta' questa la mail di Sergio Bonomi: s.bonomi@bibob.com
Sabato 5 febbraio - Diario di un padre
Mi chiamo Sergio, ho un figlio di 17 anni, la mia compagna Giulia, ha due figli, uno di 16 e uno di 25 anni; le vite delle nostre famiglie sono unite da 10 anni e siamo una delle tante famiglie allargate di Milano.
Oggi è sabato, il 5 febbraio. Da un po’ di anni a questa parte, per noi padri di famiglia, non è più “il più bel giorno della settimana” bensì il peggiore. E’ il giorno del terrore, dell’impotenza, dell’attesa.
Il più piccolo dei tre figli, stasera andrà a una festa. Come ormai di prassi, incomincia l’interrogatorio mio e di Giulia: dov’è, chi c’è, come ci vai, a che ora torni, 1000 raccomandazioni etc. … Nell’era di Facebook e della geolocalizzazione sembra roba da guerra fredda, ma chi di noi genitori non vuole sapere qualcosa di più?
E’ mezzanotte e mezza, Giulia dice: “Sentiamo se va tutto bene”. Purtroppo le cose non vanno affatto bene, il più piccolo è incappato in un “branco”, (6 ragazzi e 2 ragazze), tutti più grandi di lui e del suo amico. L’amico riesce a scappare, lui no.
Nemmeno il tempo di una parola, uno del branco, il più grande, lo afferra per un braccio. L’animale sferra un pugno diretto alla faccia, la preda cade a terra, il resto del branco incomincia a picchiarlo a sangue, calci e pugni sul volto. Alla fine gli sfilano 5 euro dalle tasche e se ne vanno.
L’amico assiste, nascosto, alla scena agghiacciante, ammutolito, attonito, impotente.
Il suo amico giace a terra in strada, è una maschera di sangue, non si muove … oddio è morto? Non sa cosa fare, è troppo sconvolto per ragionare freddamente, non chiama l’ambulanza, troppo impaurito dal branco e da quello che ha appena visto per chiamare le forze dell’ordine, corre dagli amici e racconta terrorizzato ciò che ha visto.
Sono le 2 di notte siamo all’ospedale, dopo una TAC scopriamo che ha la mandibola frantumata, una massa non ben definita nel cranio e qualche dente rotto e che bisogna operarlo per rimettergli a posto la testa e la faccia. Né avrà per più di 3 mesi.
Sono sveglio da quasi due giorni, incredulo per ciò che è accaduto, e continuo a sentirmi dire che “è andata bene, poteva andare molto peggio!”. Dovrei sentirmi felice per il fatto che mio figlio non è morto nemmeno questo sabato sera … dovrei essere felice di vedere mio figlio nel letto che piange pensando a ciò che a vissuto e ciò che hanno vissuto tutte le altre vittime di queste aggressioni.
BASTA!!!! Io dico che “poteva andare meglio”, io dico che nessuno di noi dovrebbe rischiare la vita per così poco.
Per quanto tempo dovremo andare avanti ad assistere a questi atti di violenza gratuita e stupida? Quanti padri ancora dovremo vedere piangere i figli morti su un marciapiede massacrati dal “branco” del sabato sera?
Mi rivolgo a lei Sig. Sindaco di Milano, a Lei Sig. Prefetto, a Lei Sig. Ministro dell'Interno, per porgervi una domanda:
Dove siete?
I Vostri figli muoiono per strada;
I Vostri figli non hanno più ideali;
I Vostri figli si sono arresi.
Per chi voglia mettersi direttamente in contatto con lui, per manifestargli la sua solidarieta' questa la mail di Sergio Bonomi: s.bonomi@bibob.com
Sabato 5 febbraio - Diario di un padre
Mi chiamo Sergio, ho un figlio di 17 anni, la mia compagna Giulia, ha due figli, uno di 16 e uno di 25 anni; le vite delle nostre famiglie sono unite da 10 anni e siamo una delle tante famiglie allargate di Milano.
Oggi è sabato, il 5 febbraio. Da un po’ di anni a questa parte, per noi padri di famiglia, non è più “il più bel giorno della settimana” bensì il peggiore. E’ il giorno del terrore, dell’impotenza, dell’attesa.
Il più piccolo dei tre figli, stasera andrà a una festa. Come ormai di prassi, incomincia l’interrogatorio mio e di Giulia: dov’è, chi c’è, come ci vai, a che ora torni, 1000 raccomandazioni etc. … Nell’era di Facebook e della geolocalizzazione sembra roba da guerra fredda, ma chi di noi genitori non vuole sapere qualcosa di più?
E’ mezzanotte e mezza, Giulia dice: “Sentiamo se va tutto bene”. Purtroppo le cose non vanno affatto bene, il più piccolo è incappato in un “branco”, (6 ragazzi e 2 ragazze), tutti più grandi di lui e del suo amico. L’amico riesce a scappare, lui no.
Nemmeno il tempo di una parola, uno del branco, il più grande, lo afferra per un braccio. L’animale sferra un pugno diretto alla faccia, la preda cade a terra, il resto del branco incomincia a picchiarlo a sangue, calci e pugni sul volto. Alla fine gli sfilano 5 euro dalle tasche e se ne vanno.
L’amico assiste, nascosto, alla scena agghiacciante, ammutolito, attonito, impotente.
Il suo amico giace a terra in strada, è una maschera di sangue, non si muove … oddio è morto? Non sa cosa fare, è troppo sconvolto per ragionare freddamente, non chiama l’ambulanza, troppo impaurito dal branco e da quello che ha appena visto per chiamare le forze dell’ordine, corre dagli amici e racconta terrorizzato ciò che ha visto.
Sono le 2 di notte siamo all’ospedale, dopo una TAC scopriamo che ha la mandibola frantumata, una massa non ben definita nel cranio e qualche dente rotto e che bisogna operarlo per rimettergli a posto la testa e la faccia. Né avrà per più di 3 mesi.
Sono sveglio da quasi due giorni, incredulo per ciò che è accaduto, e continuo a sentirmi dire che “è andata bene, poteva andare molto peggio!”. Dovrei sentirmi felice per il fatto che mio figlio non è morto nemmeno questo sabato sera … dovrei essere felice di vedere mio figlio nel letto che piange pensando a ciò che a vissuto e ciò che hanno vissuto tutte le altre vittime di queste aggressioni.
BASTA!!!! Io dico che “poteva andare meglio”, io dico che nessuno di noi dovrebbe rischiare la vita per così poco.
Per quanto tempo dovremo andare avanti ad assistere a questi atti di violenza gratuita e stupida? Quanti padri ancora dovremo vedere piangere i figli morti su un marciapiede massacrati dal “branco” del sabato sera?
Mi rivolgo a lei Sig. Sindaco di Milano, a Lei Sig. Prefetto, a Lei Sig. Ministro dell'Interno, per porgervi una domanda:
Dove siete?
I Vostri figli muoiono per strada;
I Vostri figli non hanno più ideali;
I Vostri figli si sono arresi.
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